I ponti dell’anello fluviale

18 Ottobre 2023

I concorrenti della Padova Water Marathon saranno sorpresi osservando sotto quanti ponti passeranno durante il lungo giro dell’anello fluviale padovano; sono ponti di epoche e tipologie costruttive molto diverse, edificati lungo i 2000 anni di storia cittadina. Quelli di seguito rappresentati saranno meta dei tanti vogatori della P.W.M.. Nel periodo di massimo fulgore la città  poteva contare ben 65 ponti; di questi 16 sono stati interrati nel recente passato e altri 6 demoliti. Bisogna sapere che Padova, in antichità, era circondata da due fiumi il Medoacus (ora Brenta) e il Retrone (ora Bacchiglione) che delimitavano fisicamente i confini dell’urbe. Attorno all’anno 100 d.C. l’allora Patavium era il centro commerciale più importante del nord est grazie alla rete dei trasporti che sfruttavano quasi totalmente i fiumi e i canali, le vie di comunicazioni più sicure e veloci di allora. Nell’epoca romana furono costruiti almeno 8 ponti cittadini lungo il Medoacus, il “flumen oppidi medium”  di liviana memoria, di cui oggi 4 sono ancora in uso, 2 sono stati interrati nella seconda metà del 1900, 2 sono stati demoliti.

Il fiume era un elemento fondamentale nella vita urbana ed economica della città; nel tratto centrale, confinante con l’attuale sede dell’Università, era collocato quello che oggi si definirebbe un porto canale. Lungo le banchine in pietra attraccavano piroghe e zattere per il trasporto e il commercio di sale, pesce ed ortaggi provenienti dalla laguna (Venezia allora non esisteva); arrivavano pregiati materiali lapidei dai colli Euganei e si approvvigionava il legname e la lana dal vicino altopiano di Asiago. Nei secoli successivi questa ricchezza commerciale si attenuò causa il declino dell’Impero romano, la spaventosa rotta dell’Adige (589), che sconvolse l’idrografia di tutta la pianura veneta, la calata delle popolazioni barbariche che (602) rasero al suolo la città. Per i successivi 4 secoli non si sente più parlare di Padova.

Nell’epoca comunale, alla fine del 1100 circa, Padova torna a diventare centro di potere e di attività economiche; nel Duecento si scavano vari canali: il Fiumicello (Naviglio interno), quello dei Carmini e di San Leonardo, il canale di Santa Sofia, di Santa Chiara, di San Massimo, l’Alicorno e le Acquette. I nomi dicono già che si tratta di canali interni che servono principalmente all’irrigazione degli ampi orti monastici, come ben si vede dai numerosi riquadri verdi della pianta a fianco del XVII secolo, e alla messa in funzione di tanti mulini per la tessitura della lana, la principale industria cittadina.

Tutti queste vie d’acqua sono superate da numerosi ponte di contenute dimensioni, ad un arco, costruiti utilizzando pietrame squadrato e mattoni, molti di questi sono ancora in uso al giorno d’oggi; alcuni, collocati lungo la cinta muraria, erano provvisti di inferriate mobili e fungevano da barriera daziale.

Ponte di S. Agostino fatto originariamente in legno nel 1374, venne ricostruito in pietra e restaurato nel 1552 come ricorda la lapide posta sul parapetto a monte dell’unica campata che scavalca il Tronco Maestro. E’ stato abbassato nel 1792. Collega via S. Tommaso con Riviera Paleocapa; prende il nome dalla vicina basilica con convento di S. Agostino demolita nel 1818 per far posto alla caserma Piave. A monte del fiume si trova la briglia di S. Agostino realizzata per fornire un flusso costante di acqua al canale delle Torricelle.

Lo scavo del canale di Battaglia nel 1201, che collegava la città ai colli Euganei, e quello di poco successivo del Piovego, che univa Padova a Venezia lungo il Brenta, portarono a un nuovo momento di splendore della città che raggiunse il suo apice durante la lunga signoria dei Carraresi conclusa nel 1405 quando Padova si arrese a Venezia. Passano gli anni, a inizio Cinquecento la Serenissima decide di fortificare la città costruendo in circa cinquant’anni un’imponente cinta muraria lunga 11 chilometri, intervallata da poche porte, difese da un canale e, tutto attorno, da una grande spianata disabitata e libera da ogni costruzione, profonda più di un chilometro, il famoso “guasto”. I concorrenti della P.W.M. pagaieranno per un lungo tratto del percorso proprio lungo questo anello fluviale, ai piedi delle mura, passando sotto i ponti costruiti in corrispondenza delle porte.

Una delle porte più suggestive della cinta è Porta  Portello, il porto  cittadino da cui partivano, e arrivavano, tutti i “burchi”  per le merci e i “burchielli” per i nobili veneziani  diretti a Venezia.

Padova da allora, per circa quattro secoli, fino ad inizio 1900, ha conservato le stesse dimensioni urbane come è raffigurata da numerose incisioni dell’epoca come questa del 1809. E’ dopo la prima guerra mondiale che dentro e fuori la città si operano grandi interventi edilizi come la costruzione della strada che collega il centro alla nuova stazione nei primi anni del 1900, lo sventramento del centro storico con la demolizione dell’intero quartiere di Santa Lucia negli anni 30 – 40 del ‘900, il tombinamento e la copertura dei principali canali che attraversavano la città negli anni 50 – 60 del secolo scorso. Sono queste decisioni urbanistiche, oggi difficilmente comprensibili, che cambiano profondamente il volto della città.

Ponte del Popolo fu inaugurato nel 1908 per completare il lungo corso costruito nel 1905 che unisce  piazza Garibaldi alla Stazione di Padova. Il progetto dell’ing. Alesandro Peretti del Comune di Padova, prevede un’unica arcata, a sesto fortemente ribassato, primo esempio del suo genere nei ponti in cemento armato, rivestita in trachite, piazzole e piedistalli alle testate. Attraversa il canale Scaricatore scavato nel 1209 per congiungere Padova a Venezia.

Sorgono i nuovi quartieri al di fuori della cinta muraria, si costruiscono nuove strade di collegamento con i paesi del circondario, nuovi ponti stradali in cemento armato, dentro e fuori la città, e quelli ferroviari con campate in ferro.

Ponte San Benedetto costruito in c.a. nel 1952 in un’unica arcata sopra il Tronco Maestro, collega due tratti di corso Milano. Prende il nome dalla vicina chiesa con monastero di S. Benedetto Vecchio in riviera S. Benedetto

Ponte metallico di Voltabarozzo,  originariamente aveva la duplice funzione stradale e ferroviaria per consentire il passaggio del treno locale che univa Padova a Venezia, lungo la Riviera.

Dopo lunghi studi e progetti, durati decenni, a metà del 1800 si scavò a sud di Padova il canale Scaricatore per dirottare le acque del Bacchiglione fuori della città preservandola così dalle rovinose esondazioni autunnali. L’opera non risultò sufficiente ad evitare l’inondazione dei quartieri interni; sarà ampliata nel corso del 1940 con l’allargamento del canale originale e la costruzione di un secondo canale, il San Gregorio, che porta le acque del fiume direttamente nel Brenta.

Ponte Scaricatore – costruito in più fasi dall’Ottocento; il primo tratto in sinistra orografica, è fatto da tre piccole arcate su progetto del Conte e Ingegnere V. Fossombroni nel 1864, con lo scopo di regimentare le acque del Bacchiglione che di immettevano sul canale Scaricatore scavato tra negli anni 1850-1860. Nel 1913 il ponte fu poi allargato per permettere un traffico veicolare più fluido. La seconda parte è costituita da un’unica campata costruita negli anni Trenta a seguito dell’allargamento dell’alveo dello Scaricatore e lo spostamento del sostegno idraulico a Voltabarozzo. Il nome del ponte deriva da quello del canale artificiale che serve a scaricare lì eccedenze di acqua durante le ricorrenti piene del Bacchiglione. Il canale, progettato dall’ing. P. Paleocapa, professore di Idraulica all’Università di Padova, venne scavato tra il 1850 e il 1863; l’intervento non fu sufficiente per preservare il centro cittadino dalle inondazioni, negli anni Venti la sezione del canale venne ampliata.

Questi 2 ampi canali, il San Gregorio e lo Scaricatore, saranno percorsi dai partecipanti alla P.W.M. per la loro interezza. Lungo questi canali i rematori ammireranno le nuove passerelle metalliche costruite per permettere ai sempre più numerosi cittadini di camminare lungo questi corsi d’acqua che sono stati trasformati in lunghi verdi parchi. Queste stupende strutture, installate dall’anno 2000 in poi, indicano un rivoluzionario cambio di mentalità dei padovani, hanno la funzione di ricucire a misura d’uomo i vari quartieri cittadini, non di dividerli con le grandi strade e tangenziali sempre più intasate di auto costruite a fine del 1900. Ne parleremo in un prossimo articolo.