Ma sono a Padova?

24 Febbraio 2023

Se un padovano di inizio Novecento disputasse oggi la Padova Water Marathon e si guardasse un po’ attorno, giustamente si chiederebbe “Ma sono a Padova ?”

Cerchiamo di illustrare ai canoisti più curiosi della P.W.M., con un po’ di fotografie di allora, dei primi anni del 900, raffrontate a quelle di oggi, com’era la vita di Padova poco più di un secolo fa, come è stata “trasformata”, e come sta ancora cambiando pelle tanto da rendere plausibile la domanda di prima.

La città, la struttura urbana racchiusa dalle Mura cinquecentesche e lambita dal Bacchiglione, è profondamente cambiata nel corso dei primi 50 anni del ‘900. Non abbiamo la pretesa di raccontare in poche righe decenni di mutazioni urbanistiche del centro di Padova, bastano 3 esempi con 3 foto del prima e del dopo per illustrare una trasformazione “genetica”. Iniziamo con la costruzione del “Rettifilo” la nuova strada, lunga oltre 1 km, realizzata a inizio Novecento per collegare la piazza Garibaldi, il centro della città, alla Stazione costruita pochi anni prima, fuori le mura.

Il secondo evento nei decenni ’20 e ‘30 del ‘900, fu la demolizioni di interi quartieri della città medioevale, Santa Lucia e il Ghetto, poi salvato, con l’esproprio di oltre 2.000 abitazioni, definite a tinte fosche come indecenze, sconcezze, catapecchie schifose, quartieri malsani e degradati, frequentati da malavitosi, per costruire i nuovi “Comparti centrali” con nuove larghe strade e piazze con scenografici edifici oggi al centro di un nuovo dibattito cittadino molto variegato per i risvolti urbanistici che ne derivano.

Arriviamo alla terza puntata andata inscena negli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso con “l’interramento dei canali” per aprire nuove strade e risolvere così il problema del traffico congestionato del centro cittadino.

Questi interventi edilizi, oggi inconcepibili, assieme alla tumultuosa costruzione di tanti nuovi quartieri attorno alle mura veneziane del Cinquecento, là dove prima c’erano campi e orti, dopo la fine della prima guerra mondiale quando Padova è stata capitale del fronte militare, hanno realmente stravolto il volto della città.

Patavium è sorta su un’ansa del Medoacus; per più di 2000 anni l’acqua, i fiumi, i canali sono state le principali fonti di vita e vie di trasporto delle merci e di comunicazione con tante località venete. Il Bacchiglione e i corsi d’acqua derivati erano la sola fonte di energia per azionare i meccanismi dei mulini per i cereali, delle seghe per il legname, dei magli dei fabbri, delle gualchiere per le lane; si può ben dire che allora l’acqua faceva quello che fa la corrente elettrica ai nostri giorni.

Dalla partenza della Maratona alla Canottieri fino al Bassanello non ci sono grandi modifiche urbanistiche, solo qualche ponte in più, per auto e treni, scavalca il corso d’acqua. E’ dal Bassanello in avanti che troviamo le prime grandi modifiche strutturali di Padova con la costruzione del Ponte dei Cavalli, o del Sostegno, che regola la portata dell’acqua del Bacchiglione, causa negli anni trascorsi di ripetute disastrose inondazioni in città. Dopo studi durati oltre un secolo, di cui magari diremo in un’altra nota, la maggior portata del fiume fu deviata sulla sua destra nel nuovo Canale Scaricatore. Il ponte del 1875 era sormontato dal casello idraulico che conteneva gli strumenti di regolazione della portata; nel 1964 è stato profondamente modificato per allargare la sede stradale, chiudere due luci d’arco laterali e lasciare una sola paratoia centrale mobile per la regimentazione delle acque.

In quest’area, nel medioevo, esisteva un ponte di barche; il nome del manufatto deriva dall’usanza di trainare i barconi con i cavalli lungo le alzaie, i bassi argini che costeggiavano i corsi d’acqua.

Seguiamo il percorso della Maratona, stiamo a sinistra, passiamo sotto il basso volto del nuovo ponte, entriamo in città arrivando fino al secondo ponte, quello della Specola costruito in ferro nel 1880, uno dei pochi in metallo. Allora il ponte e la strada servivano per scaricare dai burci carichi frutta, verdura, vini, materiale da costruzione che arrivavano dai Colli, lungo il canale Battaglia, in centro città.

Pagaiamo ancora, passando sotto tanti ponti della città romana e medievale, per arrivare a Ponte Molino, verrebbe da dire nomen omen, pensando che a valle del più lungo ponte romano di ben 5 campate si trovavano ottanta mulini , la zone industriale di Padova medioevale, quando la città ere ricca e famosa per la lavorazione delle lane che giungevano dal vicino Altipiano dei Sette Comuni.

Poche pagaiate ancora e scivoliamo ora sulle acque del Canale Piovego, scavato nei primi anni del 1200 per unire facilmente e velocemente Padova a Venezia, a fianco delle mura rinascimentali cinquecentesche; passiamo sotto il Ponte del Popolo, costruito nel 1908 per collegare il centro città alla stazione, e osserviamo con attenzione la zona alla nostra sinistra che ha visto nascere e allargarsi la prima zona industriale cittadina di inizio Novecento. E’ qui che nell’arco di poco più di un secolo si sono viste le più grandi mutazioni urbanistiche della città. Dove prima c’erano campi e orti, ben rappresentati dalla pianta del Valle di fine Settecento, si insediano le prime fabbriche della città.

E’ lungo questo primo tratto del Piovego, lungo poco più di 500 metri, quello compreso tra il Ponte del Popolo e il Ponte Omizzolo che nei primi anni del ‘900 arrivavano i burci in legno con i loro pesanti carichi di carbone, caricato a Marghera, il porto commerciale di Venezia, per alimentare l’impianto di produzione del gas cittadino.

Poco a monte il lato sinistro del Piovego, già nel 1881, sarà adattato a banchina di attracco in muratura, con una ripida rampa di collegamento alla strada comunale, dotata di gru’ a braccio girevole, azionata manualmente per il carico e scarico di tante merci che venivano trasportate lungo quel canale diventato l’arteria principale di collegamento veloce tra Padova e Venezia.

Paradossalmente, mentre la sponda sinistra del Piovego era il centro di tutte le più importanti industrie manifatturiere padovane, la riva destra era trasforma dal Comune in aree dedicate al tempo libero. Le mura veneziane, acquistate dal Demanio nel 1982, venivano abbassate di circa due metri e si costruivano lunghi viali pedonali e giardini a loro ridosso fino a giungere alla Cappella degli Scrovegni.

La golena pochi anni più tardi era trasformata in approdo della società Rari Nantes che aveva la sua sede principale a sud della città, lungo il Bacchiglione, poco distante dal ponte dei Cavalli citato all’inizio di queste righe.

La trasformazione della città non si arresta, cambiano gli interessi economici e le attività commerciali in maniera sempre più veloce, la grande fabbrica del gas viene chiusa e la sua area trasformata, a inizio degli anni 1950, nel terminal delle corriere per il trasporto urbano.

Ponti metallici costruiti a inizio ‘900 per uso ferroviario, la linea che collegava Padova a Fusina,  sono ricostruiti in c.a. per soddisfare il traffico veicolare che sta prendendo sempre più piede. Anche il macello pubblico, costruito inizio ‘800 a ridosso del canale per utilizzare le sue acque per la sua particolare attività, viene dismesso e per diventare un deposito di merci e poi, da non tanti anni, un fabbricato direzionale.

Abbiamo visto, con un po’ di fotografie la trasformazione di un’ampia area della città bagnata dal Piovego che, fin tanto che il trasporto fluviale è stato il principale volano per lo sviluppo dell’economia, ha avuto una connotazione industriale e commerciale per circa 100 anni. Oggi tutto è cambiato e anche questo sito sta subendo una profonda trasformazione grazie alla realizzazione del Nuovo Parco Urbano Boschetti su progetto dell’arch. Lorenzo Attolico. Il progetto innovativo e di ampio respiro, in via di completamento, dà un nuovo volto alla città, recupera e riordina un lembo di territorio che ha visto in pochi anni, considerando la storia della città, mutare il suo spetto. E’ il segnale che la cultura e il desiderio di vivere in ambienti più rispettosi della natura si sta sempre di più rafforzando. E’ il segnale che l’epoca dei “palazzinari”, della speculazione edilizia è tramontata, speriamo per sempre.