Le sensazioni di un partecipante

12 Febbraio 2023

La città imparata a memoria in anni che improvvisamente scopri diversa e inaspettata attraversandola in canoa.

Entro dunque nell’angusto abitacolo del kayak pensando alla vitaccia dei piloti di formula 1 ed attendo il fatidico “via”. L’attesa è pari a quella di simili prove di volontà, basate sulla resistenza, maratone di corsa, o in bici, o con gli sci da fondo: un misto di impazienza e di ansia per l’inesplorato che sta in noi stessi ogni volta che ci cimentiamo in qualcosa di impegnativo e nuovo. E un po’ di preoccupazione anche per il nuvolone grigio che incombe, da altri lati però il cielo è aperto ad un bel sole e si spera bene.

Finalmente si è liberi di andare. Il fiume è largo, la massa di barche filanti e colorate inizia a sparpagliarsi.

Il Bassanello, fin qui è tutto chiaro e apparentemente semplice, anche se il buco in cui ci si deve infilare per proseguire nel ramo maestro (Ponte dei Cavai) ha pareti scure, che mentre la corrente ti porta avanti, sembrano stringersi come le ganasce di una morsa. Ma dura un attino e sei già fuori, circondato dal verde che fiancheggia via Goito. La città non ha ancora imparato a conoscere questo evento nuovo e non sono molti, sui marciapiedi della strada, che passa alcuni metri più alto, a fermarsi incuriositi al transito dei maratoneti a pagaia. Curiosità che invece non manca alla coppia di oche che vivono qui, abituate sì ai canoisti e vogatori, ma non più di due-tre per volta. Una flotta così non l’hanno mai vista, e spariscono un po’ indispettite tra le erbe della riva.

Più avanti, verso la Specola, ci sono i cigni. Anche loro si ritraggono, ma con fare più … arcigno. Finalmente, sul bel ponte di ferro prima del monumento cittadino che è anche rappresentato simbolicamente sulle magliette date ai partecipanti, una bella “clac” di spettatori che applaudono e incoraggiano i più rilassati del gruppo. Perché c’è anche chi va via spedito. Ma, per i più, la gioia è quella di scivolare sull’acqua pacificamente, guardando la città dal basso verso l‘alto.

I canali seguono linee loro, schivano palazzi e piazze tagliando la città a loro piacimento infilandosi sotto i ponti, così ti ritrovi ben presto disorientato: dove siamo? ma che ponte è mai questo? Ah, ecco, ci sta passando il tram, lì c’è Corso Garibaldi!

Abbiamo già fatto anche il trasbordo, necessario per la breve rapida che c’è dopo la Specola. Scorrono i Giardini dell’Arena, fronteggiati dal vuoto in fieri di piazzale Boschetti, e il Piovego dalla superficie ondulata appare come un boulevard verdeggiante, dal quale sono totalmente escluse auto e motori. Un boulevard silenzioso ed ecologico. Esperienza da provare assolutamente.

Pace domenicale rotta da qualche battuta tra i partecipanti, fra i quali – incredibile – c’è anche un cane. E’ Asia, la pastora tedesca di un appassionato giunto apposta dalla Val Sesia. Se ne sta tranquilla su una piccola piattaforma che il padrone le ha costruito dietro alla sua schiena, sulla coda del kayak. Guarda a destra, a sinistra, posa il muso sul legno bagnato da qualche spruzzo e attende forse anche lei l’agognata medaglia di partecipazione.

Ora la sorpresa è un forte vento contrario, che increspa l’acqua e frena la barca. Proprio mentre affiora la prima stanchezza e compare il cartello: “ancora 10 km”! Le cose non cambiano però, dopo l’inceneritore il percorso gira nettamente e allora il vento aiuterà, arrivando di spalle.

La ciminiera di Camin, per la prima volta in vita mia, è una vista gradevole, è il giro di boa atteso. Infatti dopo si va più spediti, scambiando qualche impressione (positiva) con chi è venuto anche da lontano per questa maratona delle nostre acque interne.

A Voltabarozzo c’è il ristoro a base di frutta e liquidi, a questo punto necessari. Ma il traguardo è ormai vicino e farsi infilare, alla fine, la medaglia al collo, è una sensazione che valeva la fatica che costerà per qualche giorno non poter più tirar su a “forza di braccia” una matita.

di Giovanni Piva, il Gazzettino di Padova

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